martedì 22 ottobre 2013

Dall'emergenza alla prevenzione

I primi giorni dell’autunno hanno drammaticamente riportato all’attualità il problema del rischio idrogeologico. Precipitazioni sempre più intense e frequenti per i cambiamenti climatici in atto, un territorio che ogni anno è reso più vulnerabile dal consumo di suolo e una politica di prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico che continua a basarsi su pochi interventi di somma urgenza invece che su un’azione di prevenzione e manutenzione diffusa su tutto il territorio sono le cause del problema.
Come hanno scritto pochi giorni fa in una lettera aperta al Governo associazioni ambientaliste e di categoria, ordini professionali ed enti locali (dalla Coldiretti all’Ance, dal Consiglio Nazionale degli Architetti a FederParchi), sono più di 5 milioni i cittadini italiani che ogni giorno vivono o lavorano in aree considerate ad alto rischio idrogeologico e 6.633 i Comuni che hanno all’interno del territorio aree ad elevato rischio di frana o alluvione.

La difesa del suolo e le politiche di prevenzione del rischio sono ormai urgenti.
Negli ultimi 20 anni per ogni miliardo stanziato in prevenzione ne abbiamo spesi oltre 2,5 per riparare i danni. Un bilancio reso ancora più grave dalle numerose vittime e tragedie che frane e alluvioni hanno causato e continuano a causare sul territorio.
Le politiche per la mitigazione del rischio idrogeologico non si possono limitare all’attuazione di pochi interventi puntuali. Serve un’azione di difesa del suolo che rilanci la riqualificazione fluviale, la manutenzione ordinaria e la tutela del territorio come elementi strategici delle politiche di prevenzione: un approccio che superi la logica di emergenza che ha caratterizzato l’azione delle istituzioni, a tutti i livelli, in questi ultimi anni.

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