“Le sentenze, come sempre, si
rispettano. Ma allo stesso tempo si appellano fintanto che ciò sarà possibile: chiediamo con forza che Regione, Provincia
e Comuni si facciano promotori dei ricorsi relativi e del supplemento di dati
tecnici che il TAR ritiene utile.”
E' questo il commento del
comitato Tre Scali sulla sentenza del TAR della Lombardia in merito ai numerosi ricorsi legati al progetto della
Italinerti SPA di riaprire la “cava ex Coppa ”,
impianto chiuso quasi trent'anni fa perché abusivo.
La decisione del Tribunale in
sostanza autorizza Italinerti a procedere col suo piano. La rete di
associazioni e cittadini da tempo impegnati nella battaglia a salvaguardia del
territorio però non demorde e annuncia: “Abbiamo
già chiesto un'audizione al Parlamento Europeo e comunicheremo la sentenza alla
Commissione Europea. Una sentenza che contraddice pesantemente gli impegni
che Regione Lombardia ha assunto nei confronti della stessa Commissione, la
quale, da noi sollecitata, aveva giudicato insufficienti le procedure che
avevano condotto all'autorizzazione della cava.”
Le possibili conseguenze? “L'apertura di una procedura di infrazione
e ad una conseguente sanzione pecuniaria per il nostro Paese. Ovviamente a
pagare saranno i contribuenti: il TAR non ha ritenuto di verificare le norme
europee che vigono anche in Italia?”
Sono molte le cose che non
vanno giù al Tre Scali: “Per esempio, vengono ammessi solo due pareri tecnici
come rilevanti: quelli dell'ARPA e del Comitato Tecnico Regionale, soggetti
rispettabili ma che hanno dichiarato in premessa di non avere raccolto dati
propri ma di essersi basati sui documenti prodotti in istruttoria (cioè dal
cavatore).”
Il nocciolo della questione è
l'esistenza o meno di un diritto da
parte delle amministrazioni pubbliche di modificare decisioni già prese:”Gli
argomenti tecnici e le legittime scelte riguardo all'amministrazione del
proprio territorio espresse da Comuni, Provincia e Regione sono state considerate
irrilevanti come il parere dei cittadini e delle associazione e i dossier da
loro prodotti. Il TAR infatti stabilisce che le amministrazioni non hanno
diritto di riparare ad un errore se si accorgono di averlo commesso.”
“Nemmeno come in questo caso
– concludono i rappresentanti del Comitato -, quando la situazione è profondamente cambiata nel tempo con la
rinaturalizzazione durata 25 anni del fronte di cava.”
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