Dal 1992, anno d’istituzione della Giornata Mondiale dell’Acqua, purtroppo è cambiato poco per lo stato di salute di falde e corpi idrici superficiali nella nostra regione. E gli attacchi continui ai corsi d’acqua inLombardia, Olona e Lambro in particolare, lo dimostrano. Negli ultimi mesi si sono ripetuti sversamenti di tensioattivi e liquami nei fiumi ricreando preoccupanti analogie con il passato, quando i corsi d’acqua erano considerati al pari di canali di scolo per rifiuti di ogni genere. Il dato di fatto però è che, al netto delle condotte criminali, l'intera rete scolante da tempo è inadeguata a gestire le acque di scarico di una regione di 10 milioni di abitanti, e quindi sempre più spesso questi attentati alla vita dei fiumi sono legati a sistematici malfunzionamenti di fogne e collettori, che in tutte le provincie richiedono investimenti per svariati miliardi di euro.
E se non bastasse il quadro desolante dello stato dei fiumi in pianura, le cose non vanno meglio in montagna, dove all'inquinamento si aggiunge il proliferare delle richieste di concessione per la produzione di energia idroelettrica. Nelle sole province alpine, esclusa Sondrio che ha introdotto una rigorosa regolamentazione, sono state centinaia le istanze sottoposte dal 2008 ad oggi e non esiste più fiume o torrente che non sia oggetto di almeno una richiesta di concessione per il mini idroelettrico (120 concessioni attive e 200 richieste a Brescia, 30 attive e 150 richieste a Bergamo, 61 richieste a Como, 7 attive e decine di richieste per 21 corpi idrici a Varese).

Di fronte alla gravissima situazione di inquinamento generalizzato delle acque di fiumi, laghi e falde della Lombardia, lì'associazione ambientalista ha preso carta e penna per segnalare la criticità agli assessori all'ambiente, all'agricoltura, alle infrastrutture e al territorio, esortandoli ad attivare e mantenere una task force sul risanamento idrico.
“Alla
giunta Maroni chiediamo un forte impegno per mettere in campo un programma di
infrastrutture fognarie e depurative adeguato a perseguire gli obiettivi
vincolanti imposti dalla direttiva europea sull'acqua - dichiara Damiano Di
Simine, presidente di Legambiente Lombardia -
Il sistema delle infrastrutture e quello dei controlli risultano ancora
gravemente insufficienti. Siamo consapevoli che si tratta di materia complessa
e che richiede la mobilitazione di risorse per investimenti plurimiliardari,
per questo auspichiamo uno sforzo trasversale agli assessorati, attraverso una
task force regionale che integri le politiche regionali e rafforzi gli
strumenti in questo settore estremamente strategico, a partire dall'attività di
monitoraggio e di messa a disposizione di tutti i cittadini delle informazioni
sullo stato di salute della risorsa idrica, informazioni oggi spesso
inesistenti e comunque poco o per nulla accessibili”.
In Lombardia ogni goccia d'acqua che cade dal cielo viene usata cinque volte prima di defluire verso il mare, infatti i prelievi idrici si attestano a quasi 130 miliardi di m3/anno, gran parte dei quali (il 72%) prelevati e reimmessi nei fiumi dopo aver azionato le turbine delle centrali idroelettriche. “L’eccessivo sfruttamento provoca enormi problemi di qualità delle acque superficiali e sotterranee, perché avviene a scapito della circolazione idrica naturale necessaria a mantenere vivo l’ecosistema e a diluire gli inquinanti – insiste Di Simine - quantità e qualità vanno di pari passo e per questo è fondamentale puntare ad aumentare le portate dei corsi d’acqua e delle falde riducendo i consumi superflui e gli sprechi, particolarmente rilevanti nei settori civile e agricolo”.

La priorità è senz'altro quella di ridurre i consumi idrici in agricoltura, il settore più esigente e che più di tutti deve mettere in campo strategie di adattamento al nuovo contesto di variabilità climatica, modificando orientamenti colturali e privilegiando colture meno esigenti, favorendo il risparmio idrico e il riutilizzo a fini irrigui delle acque depurate.
La grande
emergenza lombarda si conferma l’annoso problema degli scarichi inquinanti
civili ed industriali, dei depuratori mal funzionanti e
dell’artificializzazione dei corsi d’acqua che fanno sì che ad oggi il 50% dei
nostri corsi d’acqua non raggiunga uno stato di qualità accettabile. Siamo ben
lontani, dunque, dagli obiettivi che la Direttiva Quadro sulle Acque
(2000/60/CE) ci impone di raggiungere entro il 2015.
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