lunedì 9 settembre 2013

La terza pista non è più all'ordine del giorno

Dopo anni in cui la terza pista dello scalo varesino è stata presentata come un totem, un asset irrinunciabile per inesistenti volumi di traffico, finalmente dalle parole dell'Assessore regionale a mobilità e trasporti, il non-varesino Del Tenno, filtra un barlume di buon senso. La terza pista non è più all'ordine del giorno, nonostante le tonnellate di carta di studi commissionati da SEA a quotate società di consulenza per farsi dire esattamente il contrario, e cioè che Malpensa sarebbe in difficoltà non perché troppo distante da Milano, non perché dotata di accessibilità insufficiente o perché di altri hub in Europa non c'è bisogno, ma semplicemente perché non ha una pista in più, per realizzare la quale occorrerebbe sventrare il Parco del Ticino.


“Finalmente – commenta Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia - dopo anni di proteste ambientaliste, sempre supportate da chiari dati sull'insensatezza dell'opera, da Palazzo Lombardia filtra un barlume di buon senso, di cui diamo atto a Del Tenno: è ormai evidente che fare la terza pista equivale non solo a distruggere il territorio, ma anche a buttare soldi dalla finestra, alla luce dei dati che spingono a ipotizzare terapie impopolari (e non certo indolori) ai danni di Linate pur di far volare aeromobili da Malpensa”.
Per Legambiente il buon senso è proprio l'ingrediente che è mancato, nell'ultimo ventennio di programmazione delle grandi infrastrutture lombarde: “Le decisioni sulla strategicità delle opere non sono mai state effettuate sulla base di scenari programmatici basati su oggettivi indicatori di bisogno e sulla valutazione delle possibili alternative, ma sempre e solo in base all'efficacia delle azioni di lobby, gruppi di interesse e attenzioni ai collegi elettorali di estrazione degli assessori competenti. Certo, il buon senso dimostrato da Del Tenno è utile ma non basta, il passaggio successivo è dotarsi di una programmazione degli investimenti, come avviene in tutte le regioni europee, e che riguardi anche il razionale utilizzo di tutti e quattro gli scali lombardi, compreso il cosiddetto 'hub dei merli' abbandonato nelle campagne di Montichiari”.

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