Con una prospettiva originale, che ci pare molto attuale in questi giorni tra lo smog, il dissesto idrogeologico, le iniziative a favore dei migranti, le recenti ordinanze...
Ecco una parte dell'introduzione:
Prendiamo Milano. Ci sono stati 15 omicidi nel 2010. I morti sul lavoro sono stati 34. Le vittime di incidenti stradali sono state 40 e oltre 800 i decessi legati allo smog. Lasciando da parte la scontata (e spesso ipocrita) retorica sull’importanza di ogni singola vita umana, questi numeri da cronaca nera raccontano una realtà diversa da quella narrata quotidianamente da certa politica e da certi media: c’è davvero un’emergenza sicurezza in Italia, ma è palese che non riguarda esclusivamente la sicurezza individuale.
Quindici omicidi nel
capoluogo meneghino sono tanti? No, sono troppi.
Ma nello stesso tempo
34 omicidi bianchi solo a Milano e mille in Italia sono una strage vergognosa
per il sistema produttivo di un Paese che ama definirsi civile.
Così come lo sono le
morti, evitabilissime, degli incidenti stradali e quelle, altrettanto
evitabili, che l’Organizzazione mondiale della sanità addebita alle alte
concentrazioni di inquinamento atmosferico prodotto dal traffico nei centri urbani. Non si tratta,
vale
la pena sottolinearlo, di elaborare per Milano, per Roma o per qualsiasi altro
Comune una squallida e strumentale contabilità della morte. Si tratta piuttosto
di contrastare la vulgata politica che, insistentemente, ha associato alla
parola sicurezza sempre più il tema della paura, plasmando un distorto
immaginario che declina il termine solo in una dimensione individuale.
Sfugge - o è stato
accantonato in un angolo - il valore collettivo della sicurezza. La sicurezza
di ogni singola persona, soprattutto nelle città, è invece direttamente e
largamente collegata alla qualità comunitaria della vita, alla cura delle
relazioni sociali, alla garanzia di poter contare su tante sicurezze:
sanitaria, sociale, ambientale, climatica, idrogeologica, alimentare, del
lavoro e sul lavoro, stradale, idrica o energetica.
Questa contraffatta
narrazione di tanti decisori locali e nazionali (rincorsa o rinfocolata dai media)
ha prodotto un’inazione negli altri campi decisivi per la sicurezza di una
città e del Paese. Ci siamo tutti appassionati al dibattito sull’impiego
dell’esercito nei centri urbani o sulle ronde padane, mentre pochi si domandano
come sia possibile che Milano o Torino siano in preda a un’emergenza smog
perenne, pochi notano come a fronte di una mortalità in incidenti stradali
complessivamente in calo quella che coinvolge pedoni e ciclisti nelle aree
urbane sia invece in aumento, pochi si scandalizzano del fatto che molte case e
molte scuole in aree a rischio terremoto non siano state costruite o
ristrutturate con criteri antisismici, pochissimi segnalano l’esigenza della
prevenzione e della manutenzione di un territorio assai fragile, che
ciclicamente produce tragedie come quelle di Sarno e Messina. Senza dimenticare
la spazzatura napoletana e quella sempre pronta ad accatastarsi in altre città
dove la catena del ciclo dei rifiuti è talmente arrugginita che basta un
piccolo intoppo per mandare in tilt tutto l’ingranaggio.
Insomma, per lo smog come per i rifiuti, per i morti sul lavoro come per
la sicurezza stradale, nessun politico utilizza quella formuletta oratoria
abusata in altri campi: tolleranza zero.
Dall'introduzione al Rapporto Ecosistema Urbano 2011, ottobre
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