Il
grande successo dell’inaugurazione di Agrivarese, manifestazione voluta dalla
Camera di Commercio nel cuore di Varese, domenica scorsa, fa decisamente ben
sperare. Oltre 15 mila visitatori in poche ore, certo invogliati dal sole,
nonostante temperature di nuovo in media con quelle di stagione dopo un
settembre estivo. Non sono però la meteorologia e i pur meritori stand di
prelibatezze della terra a strapparci un moto di speranza, quanto le
discussioni e gli interventi a margine dell’evento. In particolare, è da
sottolineare la dichiarazione dell’assessore all’agricoltura della Regione
Lombardia Giulio De Capitani, secondo il quale il consumo di territorio ha
ormai raggiunto un livello di guardia non oltrepassabile. Siamo a una virgola
dal milione di ettari bruciati in tutta la regione (la più colpita d’Italia dal
fenomeno: anche questo è un dato allarmante), per la precisione 984 mila
ettari, e spesso per motivi di mero profitto del tutto insensati. La
cementificazione, infatti,
non guarda in faccia a nessuno ma non sembra più
rivolta a concrete necessità industriali (data la crisi) né abitative: basta
guardarsi intorno per vedere in ogni dove padiglioni e strutture semi deserte o
abbandonate, per non parlare dei complessi residenziali sfitti. In Veneto, lo
denunciava tempo fa Gian Antonio Stella sul “Corriere della Sera”, si è già da
tempo superata la fatidica soglia, con un numero di appartamenti che eccede
quello degli abitanti residenti. In Lombardia poco ci manca.
Una cosa però De
Capitani non ha invece ricordato, forse per non mancare di riguardo al
territorio ospite: di tutte le provincie, Varese è tra quelle messe peggio. Lo
ha ribadito Legambente lo scorso mese di settembre, anticipando i dati
ufficiali della tavola rotonda sul territorio lombardo voluta dalla Regione e
alla quale lo stesso assessore ha partecipato, il 29 settembre scorso. Nella
nostra provincia il processo di antropizzazione (ne diamo una definizione
brutale: la colonizzazione della natura da parte dell’uomo, specie attraverso
il cemento) è cresciuto di quasi il 6% rispetto al 2007.
Un dato in percentuale
non superiore ad altre zone (ad esempio Sondrio che fa registrare un
preoccupante + 12,20% o addirittura Mantova che supera il 20%) ma lo stesso
allarmante perché rispetto ad altre provincie da noi calano più
vertiginosamente i terreni agricoli e boschivi.
Tra l’altro, e qui ci aiuta
ancora Legambiente, il fenomeno non è concentrato tanto, o non solo, nel sud e
nella zona che guarda all’altomilanese, più industrializzata, ma nel nord, nel
luinese, verso la Svizzera, vale a dire il comparto più prezioso da un punto di
vista ambientale e turistico.
Il mondo agricolo può fare molto per favorire
un’inversione di tendenza mai così urgente come ora. Prima di tutto perché ha
gli strumenti per una giusta pressione sulla politica (anche se a livello
nazionale, qualcuno ieri ad Agrivarese ricordava come il turn over di quattro
ministri dell’agricoltura in tre anni certo non abbia aiutato...) e poi perché
ha la possibilità di monitorare con costanza il territorio, la sua erosione, la
conversione spesso selvaggia di terreni agricoli in lotti edificabili. Una
grande battaglia anche culturale. E le 15 mila persone che domenica scorsa
hanno visitato la fiera agricola di Varese dimostrano come gli agricoltori non
siano soli.
Foto da: www.ortobiobroggini.it
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