Il primo è il libro "La tempesta migratoria" scritto da Stefano Bettera, ufficio stampa Legambiente Innovazione, e Francesca Terzoni, organizzatrice dello sciopero dei migranti del primo marzo 2010.
Il secondo è il rapporto di Legambiente "Profughi ambientali: cambiamenti climatici e migrazioni forzate" di cui potete trovare una sintesi qui sotto.
Nel 2010, 40 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie terre a causa dei cambiamenti climatici. E’ la drammatica fotografia scattata dal dossier “Profughi ambientali: cambiamenti climatici e migrazioni forzate”, secondo cui, se fino a qualche anno fa erano le guerre la causa principale delle migrazioni di massa, oggi gli eventi metereologici estremi causati dal surriscaldamento del Pianeta rappresentano il fattore predominante. Basta pensare
che nel 2008 ben 20 milioni di persone sono state costrette a spostarsi temporaneamente o definitivamente in seguito ad alluvioni, desertificazione e fenomeni atmosferici estremi, contro i 4,6 milioni di profughi creati da guerre e violenze.
Un fenomeno dai tratti inquietanti se si considera che, secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, entro il 2050 si arriverà a 200, forse addirittura a 250 milioni di rifugiati ambientali con una media di 6 milioni di persone all’anno. Ma, secondo lo studio di Legambiente, a pagare già oggi le conseguenze di tsunami, desertificazione, alluvioni ed eventi metereologici eccezionali sono i popoli del Sud del mondo dove ben l’80% non può permettersi di fuggire.
La conferma arriva anche dall’Undp (United Nation Development Programme) secondo cui dei 262 milioni di persone colpite da disastri climatici tra il 2000 e il 2004 ben il 98% viveva in un paese in via di sviluppo.
Ma oltre alla correlazione tra impatti ambientali e povertà, quello che emerge dal dossier è che a pagare le conseguenze dei danni provocati dai mutamenti climatici è in primo luogo il genere femminile. Le donne, infatti, sono le prime vittime dei disastri ambientali con un rapporto di
Nel 2010, i principali eventi che hanno determinato lo spostamento di 40 milioni di persone per i mutamenti climatici sono stati registrati in Thailandia, dove a causa delle inondazioni dello scorso ottobre quasi 7 milioni di persone si sono ritrovate senza casa, senza infrastrutture e senza mezzi di sussistenza. Ma anche in Pakistan dove le piogge e inondazioni di luglio hanno provocato 2mila morti e coinvolto 20 milioni di persone. In Cina i morti sono stati più di 3mila, oltre mille i dispersi, 200 milioni le persone colpite dagli effetti delle inondazioni, di cui almeno 15 milioni gli sfollati e evacuati in massa. Maltempo e inondazioni non hanno risparmiato nemmeno lo Sri Lanka con 27 morti e più di 1 milione di persone costrette a lasciare le proprie case.
Anche l’Africa non è immune da questo tipo di rischi, esattamente come previsto negli studi dell’Intergovernmental Panel on climate change (IPCC), l'istituzione delle Nazioni Unite incaricata di monitorare i cambiamenti climatici. Il 2010 è stato un anno nero per la Somalia, colpita da una terribile siccità che ha provocato 431.000 rifugiati ambientali che hanno oltrepassato il confine e si sono spostati in Kenya e altri 300.000 rifugiati che, invece, si sono posizionati vicino alla frontiera kenyota. Nel gennaio del 2011, in Botswana, Mozambico, Namibia, Zimbabwe, Zambia e Sud Africa hanno dovuto far fronte a pesanti piogge e inondazioni che hanno provocato più di 20 mila sfollati.
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