Il pezzo di Mauro Gervasini uscito sulla provincia del 8/09/2010 riporta l'attenzione sulla tematica del consumo di suolo. Tematica particolarmente cara al nostro circolo, sapendo la rilevanza che la questione assume all'interno della nostra realtà provinciale e regionale.
Domina il lessico politico quotidiano una parola stupenda: “territorio”. Ricorre nei discorsi dei partiti che vi si dicono “radicati” e suggerisce distinguo tra coloro che vengono percepiti come suoi “rappresentanti”. Territorio è ormai espressione meramente ideologica, quasi un sinonimo di bacino elettorale, quando invece ha un primo, ben preciso significato: quello geografico. Ebbene, nonostante i proclami di attaccamento e cura, i dati ufficiali che riguardano la provincia di Varese circa la cementificazione e l’antropizzazione del territorio continuano a essere allarmanti.
Ultimo in ordine di tempo il rapporto di Legambiente sull’urbanizzazione della sponda lombarda del Lago Maggiore, la costa lacustre più cementificata della regione, con il 27,3% di quelli che furono campi, boschi o terra divorati dalle case. Contro il 13,2% del Lario e il 13,9% del Garda. I dati sono in proporzione con la media registrata anche dall’Arpa e dagli studi di settore del Politecnico di Milano, che indicano in generale la provincia di Varese come la seconda “più costruita” della Lombardia dopo l’area milanese. Il dato dei laghi è però, se possibile, ancora più inquietante perché sono spesso le “seconde case” a erodere consistenti fette d’ambiente (e che ambiente: parliamo di coste o spicchi d’entroterra bellissimi). Ci sono poi casi paradossali come quello di Luino, dove negli ultimi otto anni la superficie cementificata è cresciuta del 6,8% a fronte di una leggera diminuzione dei residenti. In poche parole: si continuano a costruire case e appartamenti nonostante i potenziali utenti diminuiscano. Non è fenomeno solo varesino, naturalmente. Gian Antonio Stella, sulle pagine del “Corriere della Sera”, ha più volte denunciato il macroscopico caso del Veneto, dove le case eccedono di svariate migliaia il numero di abitanti, immigrati regolari e irregolari compresi. Speculazioni? Ai posteri... Resta però il dato inconfutabile: chi dovrebbe gestire il processo di urbanizzazione, attraverso lo strumento dei PGT (piani di governo del territorio), vale a dire la politica, fatta salva fino a prova contraria la buona fede, continua a dimostrare troppo poco rigore. E a Varese, nei suoi bellissimi dintorni, la cosa è evidente. Forze politiche scese nell’agone con lo specifico intento di “difendere il territorio” sono poi state le principali responsabili, nell’arco di tempo preso in esame, delle più larghe concessioni edilizie. Certo gli oneri di urbanizzazione, ovvero i soldi che in cambio dell’edificabilità dei terreni entrano nelle casse comunali, fanno comodo, specie in tempi di pesanti tagli agli enti locali. Comprensibile quindi che si cerchino entrate, in questo caso sostanziose, non dipendenti dallo Stato centrale. Però con il cemento si sta scherzando col fuoco. La città di Varese ha già subito la pesante colata conseguente ai Mondiali di ciclismo, con una delle sue più belle colline, quella dell’Ippodromo, irrimediabilmente deturpata da un ecomostro. Altre città importanti, come Malnate, vedono la propria integrità territoriale minacciata da costruzioni e progetti di edificazione quantomeno discutibili. Ora il campanello d’allarme suonato da Legambiente impone di rivolgere l’attenzione alla parte nord della provincia, quella più ricca da un punto di vista naturalistico e paesaggistico, e forse per questo presa di mira dalle “villettopoli”. Occorre, da parte dei cittadini, una maggiore sensibilità. Chissà che non aiuti, ancora una volta, la drammatica evidenza dei dati: tra il 1999 e il 2007 sulla sponda lombarda del lago maggiore sono stati erosi 637 ettari. Un’area verde grande quasi come 90 campi di calcio. Mauro Gervasini
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