Monguzzi e Agostinelli contro il "racconto" nuclearista
I due ex consiglieri regionali lancia in resta contro i programmi di rilancio dell'atomo a suon di centrali in Italia: il nucleare "è fuori mercato", rischioso, ed è l'opposto della produzione diffusa e in rete di energia
Nucleare, parliamone. Perchè o se ne parla, o a parlarne a senso unico sarà chi lo vuole. E poichè energia è potere, la vorrà centralizzata in poche mani. È un po' questo il succo del discorso di chi si oppone al prepotente ritorno del nuclearismo in tutto il mondo, fra centrali in costruzioni o progettate che spuntano come funghi, soprattutto nell'Estremo Oriente affamato d'energia, ma ora anche in un'Europa a lungo ostile dopo l'orrore di Chernobyl.Per riprendere il filo del discorso, nell'ambito della rassegna "Di terra e di cielo- Cinema, Ambiente, Natura, Esplorazione" promossa da Filmstudio '90, Legambiente, Lipu e Cai, all'auditorium ex Rivoli di Varese è stato proiettato l'ottimo film-documentario "The Nuclear Comeback" (il ritorno del nculeare ndr) del neozelandese Justin Pemberton. Un lavoro datato 2007, che ci porta anche all'interno della centrale di Chernobyl e nella spettrale ghost town di Pripyat, grande come Gallarate o Legnano e abbandonata dal 1986 per la radioattività. Dal film si desume subito il paradossale ribaltamento per cui la scelta dell'energia nucleare diventa la risposta alla crisi energetica e al riscaldamento globale, nel racconto dei suoi sostenitori, alcuni dei quali si dicono ambientalisti di tutta una vita. Ma appunto di un racconto si tratta.La serata è stata introdotta da Alberto Minazzi di Legambiente Varese, e ha visto due ospiti come Mario Agostinelli e Carlo Monguzzi, a lungo consiglieri regionali nelle file della sinistra. Il secondo è autore del volume "Illusione nucleare" che Varesenews aveva già presentato qualche mese fa, approfondendone i contenuti. Se i nuclearisti si vestono da "verdi", contando tra le loro file anche qualche "convertito sulla via di Hiroshima", il "verde" Monguzzi si veste da economista e contesta che l'energia nata dall'atomo è fuori mercato. I costi sono immani, i rischi nient'affatto teorici. Nessuna centrale è mai stata smantellata, e le scorie non si sa proprio dove cacciarle. In Italia non manca la potenza installata per la produzione energetica, il problema sono le fonti (estere, fossili, inquinanti e non rinnovabili) e gli sprechi. Sulla bolletta italiana, oltretutto, gravano oneri impropri come quelli che finanziano gli inceneritori in qualità, beffa delle beffe, di energie "rinnovabili e assimilate", unico modo per tenerli sul mercato. Una combinazione di impianti ad alta efficienza, risparmio energetico e mini-cogenerazione distribuita da sola offrirebbe ancora più energia, ad un costo inferiore ai 32 miliardi di euro delle quattro centrali programmate dal governo: questa la tesi di Monguzzi. E ciò senza mettere in conto la probabile espansione delle fonti rinnovabili "vere".Se Monguzzi fa "l'economista", Agostinelli si concentra sugli aspetti mediatici e di egemonia culturale, ricordando come il capo del governo abbia pubblicamente dichiarato che convincerà gli italiani della bontà della scelta nuclearista. Non con i fatti, ma con le sue tv. Una dichiarazione in cui si racchiudono a un tempo il conflitto d'interessi e il paradossoper cui «si fanno le cose, poi si provvede a ottenere il consenso, invece del contrario». Sono in corso battaglie decisive: sul nucleare, sull'acqua pubblica, «che avranno effetti fortissimi sulla democrazia, sulla partecpazione. O c'è un racconto autonomo, nostro, o difficilmente “leggiamo” la realtà. Non c'è niente di meglio che contrapporre a un'idea quasi militare del controllo delle nostre vite un'idea partecipata» rilancia Agostinelli. Che senso ha investire 80 miliardi di euro nel rilancio di un settore industriale quando non se ne trovano 3 per gli ammortizzatori sociali? Per Agostinelli la rinascita del nucleare dalla sue ceneri radioattive non è che la sopravvivenza del "racconto" del mondo dominato dai combustibili fossili, il rifiuto della prospettiva della produzione di massa, flessibile e distribuita, sul modello di Internet. Per tacere dei risvolti globali di un sistema "rigido". «Dietro il nostro frullatore attaccato alla spina cosa c'è? Eserciti che presidiano zone ricche di risorse strategiche, petroliere, oleodotti e gasdotti alle cui rotte si guarda con occhi di falco, centrali dove si convoglia l'energia immagazzinata in milioni di anni dal sole per esservi bruciata». Fra nucleare e fonti fossili si fa geostrategia, e Agostinelli cita con preoccupazione anche gli accordi con la Russia, che accanto ai gasdotti trattano anche dell'atomo.
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