Vista dalla macchina, Varese è una città vivibile. Ha le
dimensioni perfette: né troppo grande, né troppo piccola. È a misura
d’uomo, verde quanto basta, di architettura un po’ austera ma accogliente.
Vista dalla macchina, dicevo, perché è
solo scendendo dalla macchina che si capisce una cosa fondamentale: Varese è
una città fatta per le macchine.
Foto originale: http://rottapernordovest.blogspot.com |
Essendomi trasferita qui da poco, la prima impressione che ho avuto di Varese risponde bene alla nomea di “città giardino”. È bellissimo vedere ovunque le cime degli alberi spuntare qua e là tra le case. Ma tra gli alberi mi piace anche passeggiare, e questo non è ben chiaro dove lo si possa fare: a parte i Giardini, dove passeggio spesso, i parchi della città non mi sembrano ben segnalati e valorizzati. Non capisco bene dove sono i parchi, se sono pubblici o no, se posso entrare e in che orari, e cosa mi aspetta là dentro. Il problema principale è però raggiungerli, questi parchi.
Vivere
senza macchina a Varese è infatti una corsa ad ostacoli. Chi come me, per scelta
o per necessità, non ha la macchina, può capire di cosa parlo. Muovendosi a
piedi o in bici, sembra magicamente inevitabile il finire su qualche stradone
trafficato, rischiando la vita e i polmoni, o in senso opposto a qualche senso
unico per le macchine, con il pericolo di venire impietosamente falciati. In moltissime strade mancano i marciapiedi
e lo spazio pedonale spesso è semplicemente una sbiadita striscia sull’asfalto
che non offre alcuna sicurezza, per non parlare delle inesistenti piste
ciclabili.
Già solo
una passeggiata a piedi per raggiungere il centro è sgradevole nel migliore dei
casi: abitando a Casbeno, l’opzione principale è passare per l’odiata
Via Verdi, appiattendomi sul muro per la paura delle macchine che sfrecciano a
pochi centimetri dal marciapiede e inalando chili e chili di gas di scarico. In
alternativa, posso cominciare a camminare in Via Solferino, uno stretto senso
unico senza marciapiedi, zigzagando tra le auto parcheggiate per evitare le
macchine che arrivano da dietro a tutta velocità, per poi ritrovarmi su un
altro stradone trafficato e dover fare una serie di attraversamenti pericolosi.
È lodevole che ci siano alcuni
percorsi pedonali in giro, ma sembra che il pedone debba in qualche modo
materializzarsi all’inizio dei percorsi stabiliti, e smaterializzarsi poi alla
fine.
E in
bicicletta? Ancora peggio. A differenza di altre città italiane, dove la
bicicletta è il mezzo d’elezione per spostarsi in città, andare in bici a
Varese equivale ad un atto di fede e coraggio. Se a piedi ci si può talvolta rifugiare sui marciapiedi, in bicicletta si
è esposti a tutto: alla mancanza di corsie apposite, alle macchine che
corrono anche quando la visibilità non è buona, agli incroci monumentali e alla
necessità di andare contromano almeno per brevi tratti pur di non dover allungare
a dismisura il percorso. Ammesso che si arrivi a destinazione, poi, non ci sono
posti dove mettere la bici. Questo l’ho trovato molto strano, e molto
indicativo: praticamente nessun negozio a Varese ha una rastrelliera per le
bici.
Mi chiedo:
possibile che non ci sia una rete di cordoni ciclo-pedonali protetti per
raggiungere i servizi essenziali? Gli unici supermercati della zona, il
centro, la biblioteca, la stazione dei treni? Facciamo un esempio concreto. Per
andare a fare la spesa in bici da Casbeno, devo arrivare all’incrocio con una
strada ad alta velocità (Via Trentini). Lì non me la sento di lanciarmi
attraverso l’incrocio tra le macchine che sfrecciano, quindi con una manovra
pericolosa salgo piuttosto sul marciapiedi, rischiando comunque di venire
travolta dalle macchine che girano, e pedalando sul marciapiede faccio qualche
attraversamento pedonale e arrivo a uno dei due supermercati della zona. Stessa
storia per raggiungere l’unico altro supermercato, e in più sono anche obbligata
ad andare contromano.
Bianca
(Questo articolo è apparso anche su Varesenews e FIAB Varese)
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